L'Azienda Agricola TENUTA TRESCA, giunta alla quinta generazione, produce olio extravergine di oliva dal 1820. L'attuale titolare e' il Dott. Domenico Cito, discendente dell'antica casata campana Cito, gia' presente con certezza, a Salerno, nel XIII secolo. Il Re Carlo di Borbone decoro', nella persona di Baldassare, la famiglia del titolo di Marchese. Attraverso un percorso ancora non noto, dalla terra di origine, alcuni suoi componenti passarono prima in Terra di Bari (Bitonto) e, successivamente, in Terra d'Otranto, stabilendosi a San Cassiano, nel Salento. L'azienda, dedicandosi con passione infinita a quello che da sempre e' il pregiato «olio dai mille usi: per i sacramenti che accompagnano, dalla nascita fino alla morte, la fede della gente; condimento irrinunciabile per pietanze povere; rimedio per i piu' disparati malanni; per millenni, fonte insostituibile di luce» (A. Giaccari, Le strade dell'olio, in "Le terre d'Arneo", Consorzio Intercomunale "Terre d'Arneo", Lecce, 2001, p. 1099), ha fatto della coltivazione dell'olivo la sua specialita' e la qualita' del proprio olio extravergine di oliva e' da sempre il fine della propria missione. Ancora oggi, gli olivi vengono curati con dedizione e passione dal Dott. Domenico Cito per produrre oli che con le loro caratteristiche organolettiche entusiasmano chi li consuma. Nella denominazione evocano la Tenuta in cui gli olivi vivono e si esprimono. Le olive, raccolte direttamente dalla chioma, al giusto grado di maturazione, vengono lavorate in frantoio "a freddo", cioe' a temperatura inferiore a 27 °C, entro, e non oltre, le 6 ore. L'olio non viene filtrato, ma secondo le piu' antiche tradizioni, viene lasciato lentamente decantare al fine di non disperdere i delicati profumi ed aromi delle olive e di mantenere integre le virtu' nutrizionali. L'azienda, da tempo, e' assoggettata alle severe regole dell'Agricoltura Biologica (Reg. CE 834/07) e osserva il disciplinare della Denominazione di Origine Protetta "Terra d'Otranto" a garanzia della provenienza. Entrambe, certificazioni sotto la supervisione del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali.

IL RISPETTO PER IL TERRITORIO

Il rispetto del territorio e della sua storia, per noi dell'Azienda Agricola Tenuta Tresca, e' obiettivo parallelo a quello produttivo, convinti, come siamo, che esso sia parte di noi stessi e che tutti dobbiamo concorrere alla sua tutela. Per questo tra i nostri oliveti conserviamo gelosamente una lussureggiante chiazza residuale dell'originario - ormai mitico - Bosco Belvedere. Nel caso specifico, sotto l'aspetto vegetazionale, si tratta, di un lembo rappresentativo della formazione climax a Bosco Mediterraneo Sempreverde dove, insieme agli Olivastri, crescono in gran quantita' Leccio (Quercus ilex), cespugli di Mirto (Myrtus communis), Asparago pungente (Asparagus acutifolius), Pungitopo (Ruscus aculeatus), Ginestrella comune (Osyris alba) e ampi tappeti di Ciclamino napoletano (Cyclamen hederifolium) tinteggiano il cupo sottobosco nel lungo periodo autunnale. Sui vecchi muri di pietra, si abbarbicano la Salsapariglia nostrana (Smilax aspera), la Robbia selvatica (Rubia peregrina) e la Rosa di San Giovanni (Rosa sempervirens) con la sua candida fioritura, mentre nelle zone ombreggiate l'Edera (Hedera helix) fa da padrona, aggrovigliando pietre e arbusti. Sono presenze che appartengono a quella "archeologia forestale" che, all'alba del terzo millennio, testimonia il glorioso passato silvano del Salento, quando, a dispetto di oggi, le foreste «si congiungevano l'un l'altra tanto da costituire una fascia quasi continua su tutto il litorale salentino e notevoli chiazze all'interno» (D. Novembre, Aree antiche e recenti della macchia nel Salento, in "Atti del XIX Congresso Geografico Italiano", Editrice Noseda, Como, 1965, nota n. 9 p. 183). Bosco Belvedere era una grande foresta che per tutto il periodo feudale ha occupato la fossa geologica racchiusa tra la Serra di Poggiardo e la Serra di Supersano, comprendendo i territori degli attuali comuni di San Cassiano, Nociglia, Scorrano, Spongano, Muro Leccese, Ortelle, Miggiano, Poggiardo, Supersano, Montesano Salentino, Surano, Sanarica, Botrugno e Ruffano. In questa foresta, oltre al Leccio, vi crescevano rigogliosi e in grande abbondanza molte latifoglie a foglia caduca quali la Quercia castagnara (Quercus virgiliana), il Farnetto (Quercus frainetto), la Quercia di Dalechamp (Quercus dalechampii), l'Olmo comune (Ulmus minor), il Carpino comune (Carpinus betulus) e il Frassino (Fraxinus excelsior) formando «una fitocenosi prevalentemente mesofila, insolita per il Salento ..., sorretta dall'elevata disponibilita' di acqua della falda superficiale, in grado di compensare la siccita' e la calura estiva di questa assolata regione meridionale» (A. Giaccari, La Foresta di Cutrofiano, da bene feudale a strumento di sviluppo del territorio. Un caso studio, in "Economia Agro-alimentare", nn. 2-3, Editore Franco Angeli, Milano, 2004, p. 158). Un'area che si appresta a trovare un giusto e meritato riconoscimento nell'istituendo Parco "I Paduli". Proprio Paduli, termine che in vernacolo sta per "paludi", a ricordare l'ampio e significativo acquifero sotterraneo di questo lembo del Salento meridionale. Un acquifero cosi' vicino alla superficie del terreno ed abbondante che, prima dell'avvio delle opere di regimazione delle acque superficiali, alimentava ampie zone paludose.